Segnaliamo una causa importante da sostenere: la casa delle donne Lucha y Siesta, che accoglie vittime della violenza di genere, rischia di scomparire perchè l'Atac, proprietaria dei locali, l'ha messa in vendita. E' un'esperienza di volontariato vero, che è diventata una presenza significativa nella città e un riferimento anche per i servizi sociali pubblici. Invitiamo ad aderire all'appello "LA CASA DELLE DONNE LUCHA Y SIESTA È UN BENE COMUNE" e a partecipare alla
ASSEMBLEA PUBBLICA
MARTEDÌ 6 MARZO ore 18,30
CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE
Via della Lungara, 19
mail per adesioni: action-a@actiondiritti.net
luchaysiesta.wordpress.com
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LA CASA DELLE DONNE LUCHA Y SIESTA È UN BENE COMUNE
Dalle politiche dell'inclusione a quelle dell'autonomia
L’unica sicurezza possibile sono le donne del mondo che si autorganizzano.
Con questa idea in testa è nata l'8 marzo del 2008 l’esperienza della Casa delle donne Lucha y Siesta a Cinecittà, quando un gruppo di donne ha recuperato la vecchia sottostazione del tram di proprietà dell'Atac, abbandonata al degrado da 12 anni.
E' stata la risposta immediata e indignata alla propaganda sulla sicurezza che la destra sbandierava, sfruttando la violenza assassina contro le donne per avallare leggi securitarie che colpivano gli ultimi, senza minimamente contrastare la violenza sulle donne, che ha invece radici culturali profonde.
Mentre il Campidoglio e i suoi media fomentavano il razzismo e l'esclusione sociale, in via Lucio Sestio si lavorava, in condizioni difficili e su base volontaria, a creare un luogo per le donne che sfuggono da situazioni di violenza, difficoltà o esclusione. Un luogo sicuro dove è possibile fermarsi per il tempo necessario a riprendere il controllo della propria vita, affermando i propri diritti e la propria dignità.
Abbiamo visto come la fragilità provocata dalle condizioni difficili debilita la persona nel suo complesso e ne indebolisce la capacità di agire tanto nell’ambito personale quanto nella vita pubblica, precludendone di fatto le possibilità di realizzazione. La società ne esce impoverita perché privata di risorse fondamentali, impaurita e ritratta lontano dalla condivisione degli spazi pubblici dalla coesione comunitaria e dallo scambio reciproco.
In 4 anni decine di esperienze di vita hanno attraversato la casa e la hanno plasmata. Lo sportello in collaborazione con i servizi socio sanitari territoriali assicura alle donne orientamento e supporto; i percorsi formativi e professionali, come la sartoria e il mercato artigianale, garantiscono alle donne autonomia lavorativa al di fuori delle logiche ciniche del mercato che escludono chi è fuori target. Infine, negli anni, la casa ha ospitato numerose iniziative culturali e si è dimostrata ormai un pezzo importante del quartiere. Questo è il senso che noi diamo alle politiche per le donne: attività e autonomia, non solo inclusione e difesa.
È nato un lavoro sinergico fra diversi soggetti che ha trasformato un posto abbandonato in un luogo di incontro e di ascolto, di condivisione e di discussione riconosciuto a livello cittadino e che ha avuto la capacità di contribuire a rimettere in moto le intelligenze femminili calpestate, di ridare loro forza e valore, in un momento in cui è in atto una vera e propria guerra alle donne.
Nell’epoca della crisi economica, politica e democratica questa esperienza ha assunto nuova centralità e un significato ancora più forte nel cercare di contrastare gli effetti devastanti di questo nuovo ordine globale. Buona parte dell’Europa ha scelto di salvare banche, imprese e mercati finanziari, “sacrificando” i diritti, le aspettative e i desideri di milioni di persone. Le donne sono le prime a pagare questa crisi, attraverso la riduzione dei salari e dei servizi, a causa dei tagli al welfare e della cancellazione di garanzie fondamentali (maternità, consultori, ospedali e salute).
In questi giorni il Sindaco Alemanno, costretto a rinominare la sua giunta (stavolta perché è stato incapace di dare dignità alla rappresentanza femminile) ha deciso di mettere in vendita l'immobile della Casa delle donne Lucha y Siesta, per fare cassa.
L’azienda pubblica del trasporto, popolata da numerosi amici e parenti del Sindaco, invece di preoccuparsi di liberare la città dal soffocamento del traffico e dell’inquinamento, ha come unica strategia la riduzione degli stipendi degli autisti, l’aumento del costo dei biglietti e la “valorizzazione”, ovvero la svendita, dei beni immobili dell'azienda.
Per il Comune di Roma e per il Governo Monti valorizzazione significa solo denaro, profitto privato, speculazione edilizia. Il sistema che privatizza gli utili e rende collettive le perdite è feroce e toglie diritti e dignità.
Noi invece pensiamo che valorizzare significhi prendersi cura di un bene pubblico e usarlo per realizzare progetti comuni, mettendoli a servizio della cittadinanza. Noi pensiamo che valorizzare significhi includere ogni persona in una rete di relazioni e di scambi sociali che arricchiscano la vita di tutti e tutta la città.
La casa delle donne Lucha y Siesta è già stata valorizzata dal lavoro collettivo e comune delle donne che l’hanno animata. A quante centinaia di migliaia di euro ammonta il lavoro volontario di quattro anni di accoglienza delle di donne sole o con figli? A quanto ammonta il lavoro di quattro anni di sportello di ascolto e accoglienza, di attività di supporto psicologico, di attività di mediazione culturale? Quanto valgono i corsi di lingua che le insegnanti del quartiere hanno organizzato? Quanto valgono i lavori di ristrutturazione e manutenzione svolti nello stabile?
Se volessimo fare i calcoli potremmo dire già che la casa delle donne è stata pienamente valorizzata, ma oltre al denaro c’è l’investimento dei progetti di vita di tutte le donne che non si possono monetizzare.
Già in diverse parti del mondo e del nostro paese, molte esperienze conflittuali, (attivate dalle donne, dagli artisti, dagli studenti e dai lavoratori) stanno producendo non solo una resistenza concreta, ma si stanno riappropriando di spazi di libertà, di creatività e di cooperazione. Rimettere al centro il comune è l’unica alternativa alla crisi, all’austerity e alle privatizzazioni selvagge!!
Per questo facciamo appello a tutte le forze politiche e sociali, a tutte le esperienze di autogestione e condivisione di questa città, affinché attraverso la difesa collettiva della Casa delle donne Lucha y Siesta si apra un percorso pubblico di riappropriazione, di parola e azione delle donne perché la lotta contro la violenza e l’esclusione sociale, il rafforzamento delle intelligenze femminili passa prima di tutto dal riconoscimento dei percorsi di autonomia che le donne hanno saputo costruire.
Iniziamo ad immaginare e costruire insieme una nuova strategia che superi con coraggio le politiche di inclusione delle donne nel mondo della politica, della cultura e dell’economia per valorizzare e promuovere politiche di autonomia.
mail per adesioni: action-a@actiondiritti.net
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Con questa idea in testa è nata l'8 marzo del 2008 l’esperienza della Casa delle donne Lucha y Siesta a Cinecittà, quando un gruppo di donne ha recuperato la vecchia sottostazione del tram di proprietà dell'Atac, abbandonata al degrado da 12 anni.
E' stata la risposta immediata e indignata alla propaganda sulla sicurezza che la destra sbandierava, sfruttando la violenza assassina contro le donne per avallare leggi securitarie che colpivano gli ultimi, senza minimamente contrastare la violenza sulle donne, che ha invece radici culturali profonde.
Mentre il Campidoglio e i suoi media fomentavano il razzismo e l'esclusione sociale, in via Lucio Sestio si lavorava, in condizioni difficili e su base volontaria, a creare un luogo per le donne che sfuggono da situazioni di violenza, difficoltà o esclusione. Un luogo sicuro dove è possibile fermarsi per il tempo necessario a riprendere il controllo della propria vita, affermando i propri diritti e la propria dignità.
Abbiamo visto come la fragilità provocata dalle condizioni difficili debilita la persona nel suo complesso e ne indebolisce la capacità di agire tanto nell’ambito personale quanto nella vita pubblica, precludendone di fatto le possibilità di realizzazione. La società ne esce impoverita perché privata di risorse fondamentali, impaurita e ritratta lontano dalla condivisione degli spazi pubblici dalla coesione comunitaria e dallo scambio reciproco.
In 4 anni decine di esperienze di vita hanno attraversato la casa e la hanno plasmata. Lo sportello in collaborazione con i servizi socio sanitari territoriali assicura alle donne orientamento e supporto; i percorsi formativi e professionali, come la sartoria e il mercato artigianale, garantiscono alle donne autonomia lavorativa al di fuori delle logiche ciniche del mercato che escludono chi è fuori target. Infine, negli anni, la casa ha ospitato numerose iniziative culturali e si è dimostrata ormai un pezzo importante del quartiere. Questo è il senso che noi diamo alle politiche per le donne: attività e autonomia, non solo inclusione e difesa.
È nato un lavoro sinergico fra diversi soggetti che ha trasformato un posto abbandonato in un luogo di incontro e di ascolto, di condivisione e di discussione riconosciuto a livello cittadino e che ha avuto la capacità di contribuire a rimettere in moto le intelligenze femminili calpestate, di ridare loro forza e valore, in un momento in cui è in atto una vera e propria guerra alle donne.
Nell’epoca della crisi economica, politica e democratica questa esperienza ha assunto nuova centralità e un significato ancora più forte nel cercare di contrastare gli effetti devastanti di questo nuovo ordine globale. Buona parte dell’Europa ha scelto di salvare banche, imprese e mercati finanziari, “sacrificando” i diritti, le aspettative e i desideri di milioni di persone. Le donne sono le prime a pagare questa crisi, attraverso la riduzione dei salari e dei servizi, a causa dei tagli al welfare e della cancellazione di garanzie fondamentali (maternità, consultori, ospedali e salute).
In questi giorni il Sindaco Alemanno, costretto a rinominare la sua giunta (stavolta perché è stato incapace di dare dignità alla rappresentanza femminile) ha deciso di mettere in vendita l'immobile della Casa delle donne Lucha y Siesta, per fare cassa.
L’azienda pubblica del trasporto, popolata da numerosi amici e parenti del Sindaco, invece di preoccuparsi di liberare la città dal soffocamento del traffico e dell’inquinamento, ha come unica strategia la riduzione degli stipendi degli autisti, l’aumento del costo dei biglietti e la “valorizzazione”, ovvero la svendita, dei beni immobili dell'azienda.
Per il Comune di Roma e per il Governo Monti valorizzazione significa solo denaro, profitto privato, speculazione edilizia. Il sistema che privatizza gli utili e rende collettive le perdite è feroce e toglie diritti e dignità.
Noi invece pensiamo che valorizzare significhi prendersi cura di un bene pubblico e usarlo per realizzare progetti comuni, mettendoli a servizio della cittadinanza. Noi pensiamo che valorizzare significhi includere ogni persona in una rete di relazioni e di scambi sociali che arricchiscano la vita di tutti e tutta la città.
La casa delle donne Lucha y Siesta è già stata valorizzata dal lavoro collettivo e comune delle donne che l’hanno animata. A quante centinaia di migliaia di euro ammonta il lavoro volontario di quattro anni di accoglienza delle di donne sole o con figli? A quanto ammonta il lavoro di quattro anni di sportello di ascolto e accoglienza, di attività di supporto psicologico, di attività di mediazione culturale? Quanto valgono i corsi di lingua che le insegnanti del quartiere hanno organizzato? Quanto valgono i lavori di ristrutturazione e manutenzione svolti nello stabile?
Se volessimo fare i calcoli potremmo dire già che la casa delle donne è stata pienamente valorizzata, ma oltre al denaro c’è l’investimento dei progetti di vita di tutte le donne che non si possono monetizzare.
Già in diverse parti del mondo e del nostro paese, molte esperienze conflittuali, (attivate dalle donne, dagli artisti, dagli studenti e dai lavoratori) stanno producendo non solo una resistenza concreta, ma si stanno riappropriando di spazi di libertà, di creatività e di cooperazione. Rimettere al centro il comune è l’unica alternativa alla crisi, all’austerity e alle privatizzazioni selvagge!!
Per questo facciamo appello a tutte le forze politiche e sociali, a tutte le esperienze di autogestione e condivisione di questa città, affinché attraverso la difesa collettiva della Casa delle donne Lucha y Siesta si apra un percorso pubblico di riappropriazione, di parola e azione delle donne perché la lotta contro la violenza e l’esclusione sociale, il rafforzamento delle intelligenze femminili passa prima di tutto dal riconoscimento dei percorsi di autonomia che le donne hanno saputo costruire.
Iniziamo ad immaginare e costruire insieme una nuova strategia che superi con coraggio le politiche di inclusione delle donne nel mondo della politica, della cultura e dell’economia per valorizzare e promuovere politiche di autonomia.
ASSEMBLEA PUBBLICA
MARTEDÌ 6 MARZO ore 18,30
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