CONSULTA
DI BIOETICA ONLUS
CAMPAGNA
CONTRO L’OBIEZIONE DI COSCIENZA:
IL
BUON MEDICO NON OBIETTA
Nel dibattito
sull’obiezione di coscienza non viene quasi mai messo in discussione il
principio che gli operatori sanitari possano rivendicare un diritto all’obiezione
di coscienza. La premessa è che una società liberale deve mettere i propri
cittadini nella condizione di vivere fedelmente ai propri valori e di veder
rispettata la propria autonomia. La conseguenza è che un medico che non
riconosce l’accettabilità morale dell’interruzione di gravidanza dovrebbe avere
sempre il diritto di non praticarla. Tuttavia questa posizione non è affatto
l’unica possibile per una società liberal-democratica. È giusto, infatti,
mettere l’accento sul valore dell’autonomia e sostenere che autonomia e
integrità rappresentano valori irrinunciabili e però non dobbiamo dimenticare
che una società liberal-democratica è anche impegnata nella promozione del
benessere generale e nella tutela dei diritti fondamentali dei singoli cittadini
(ad es. cura e salute) e che, di conseguenza, lo stato può avere interesse a
limitare gli spazi di scelta dei singoli all’interno delle professioni e, in
particolari, di quelle sanitarie. È ovvio che lo scenario ideale sarebbe quello
di trovare una soluzione che permetta di conciliare il diritto alla salute e
l’autonomia del paziente con quella del medico: la libertà della donna di
decidere se continuare o no la gravidanza con la libertà del medico di decidere
se partecipare o no all’interruzione di gravidanza.
Questa sarebbe la soluzione
migliore perché ogni attore avrebbe la possibilità di soddisfare le sue
rivendicazioni e nessuno sarebbe sottoposto a restrizioni della sua libertà.
Peccato che dobbiamo prendere atto che questa soluzione non è raggiungibile!
Secondo alcuni per conciliare le diverse pretese basterebbe che i medici
obiettori si impegnassero a segnalare alla donna il medico non obiettore più
vicino (quello, cioè, che potrebbe praticare l’intervento abortivo al loro
posto); secondo altri, invece, sarebbe sufficiente che le strutture sanitarie
incentivassero il personale non obiettore o, se necessario, richiedessero
personale ad altre strutture. Ora non c’è bisogno di soffermarsi sulla
difficoltà di immaginare un medico obiettore, veramente convinto che
l’interruzione di gravidanza sia un omicidio, che consiglia ad una donna che
cerca un medico non obiettore dove andare e a chi rivolgersi. Per altro, anche
nel caso in cui un medico obiettore volesse aiutare la donna che intende
interrompere la gravidanza a trovare un medico non obiettore ci sarebbe,
comunque, sempre un disagio gravissimo per quelle donne che si trovano a vivere
in una regione o in un comune dove i medici obiettori sono la maggioranza. Non
è pensabile poi che il problema dell’obiezione di coscienza possa essere
veramente risolto con una gestione più oculata ed attenta delle strutture
ospedaliere e sanitarie. Se così fosse il problema sarebbe stato già risolto:
non si considera che le stesse direzioni sanitarie che dovrebbero risolvere il
problema a vantaggio dei cittadini potrebbero avere interesse a non garantire
alle donne gli interventi abortivi. Quando pertanto si discute di obiezione di
coscienza si deve prendere atto che qualsiasi tentativo di conciliare le
diverse pretese in gioco può cadere vittima dell’illusione che in qualsiasi
situazione sia possibile trovare soluzioni pratiche che permettono la
coesistenza di principi, di posizioni o di valori diversi all’interno di
sistemi normativi articolati, a volte eleganti, ma comunque quasi sempre molto
coerenti. In merito all’obiezione di coscienza, soprattutto in relazione
all’interruzione di gravidanza, si deve scegliere se tutelare e preservare
l’autonomia del professionista oppure promuovere la libertà e l’autonomia dei
pazienti e indirettamente il benessere generale. Entrambe le cose sono
importanti ma noi riteniamo che la salute e il benessere delle donne debbano
prevalere in caso di conflitto sull’autonomia dell’operatore e che il medico
non possa mai abbandonare chi ha bisogno di aiuto. È per questa ragione che abbiamo deciso di
promuovere una Campagna contro l’obiezione di coscienza con l’obiettivo, da una
parte, di incoraggiare un dibattito pubblico sulla legittimità del diritto
all’obiezione di coscienza a più di trent’anni dall’approvazione della legge
sull’aborto e, dall’altra, di far emergere che il buon medico non è il medico
che obietta ma quello che sta vicino alle donne e non le lascia sole. In
occasione del lancio della Campagna che avverrà a Firenze il 6 giugno al
termine di un Convegno organizzato dalla sezione di Firenze della Consulta di
Bioetica ci saranno in molte città diverse iniziative promosse dalla Consulta e
da altre associazioni. Invitiamo tutti a partecipare e di organizzare altri
eventi a sostegno della Campagna: per informazioni sugli eventi e per aderire
alla Campagna potete scrivere a consultaromanadibioetica@gmail.com
o contattare la segreteria della Consulta di Bioetica.
CONSULTA
DI BIOETICA ONLUS
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