25 novembre 2013
E’
importante e direi anche doveroso, nelle giornate che a livello internazionale
sono dedicate alle donne, ricordare la realtà che in ogni parte del mondo le
donne si trovano ad affrontare per il solo fatto di essere donne. Oggi è una di
quelle giornate, è la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, istituita
e celebrata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite a partire dal 1999, e non è
superfluo né banale ricordare e denunciare che le donne continuano ad essere minacciate,
picchiate, violentate e uccise da uomini legati a loro da rapporti d’amore o di
parentela.
Quest’anno
sono già 128 le donne uccise in Italia da uomini che avevano avuto o avevano una
relazione con loro. Per fortuna cresce anche il numero delle donne che trovano
il coraggio di denunciare minacce e molestie, anche se purtroppo non sempre la denuncia
serve a scongiurare il delitto. C’è ancora molto lavoro da fare per creare le
condizioni affinché le donne possano fidarsi delle Istituzioni; mi riferisco
certamente alle leggi e alle iniziative che sono state messe in campo e a
quelle che verranno, ma penso anche al ruolo importante dei servizi
territoriali che le donne e gli uomini frequentano.
I consultori
sono impegnati da sempre – nel rapporto con i singoli, nell'approccio con le coppie e negli incontri di
gruppo – per dare consapevolezza alle donne del loro valore e del loro potere
nella tutela della propria salute, e anche come presidio contro la violenza di
genere. Nella Asl RmE, per iniziativa della UOC Consultori Familiari e
Immigrazione, è attivo da qualche anno il progetto “Libere di Parlare” che ha messo in rete
operatori sociali e sanitari dei servizi territoriali e degli ospedali con le
forze dell’ordine, con i Centri Antiviolenza e con le associazioni del terzo
settore, per creare un protocollo comune di intervento. Oltre
ad aumentare la sensibilità individuale degli operatori e a creare un
linguaggio ed una prassi condivisa per trattare i casi di violenza che arrivano
ai servizi ospedalieri e territoriali, nei commissariati o presso gli sportelli
delle associazioni, il progetto si pone l’obiettivo di far emergere quella violenza
di genere – soprattutto domestica – che spesso è parte inscindibile delle
relazioni di coppia e intrafamiliari.
Credo che per ridurre la violenza di genere si debba lavorare molto a livello culturale e migliorare il grado di giustizia sociale nel nostro Paese. E credo anche che se fossero potenziati gli interventi e i servizi di prevenzione e di promozione della salute - che significa anche fare cultura - si potrebbero ridurre le ferite che oggi bloccano le potenzialità delle donne e degli uomini di costruire un futuro migliore per tutti.
P.A.
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