- NOVITA' -

1 febbraio 2012

La vita siamo noi

Questa è la relazione prodotta dalla Assemblea delle donne di Roma che ha dato inizio ai lavori. Pubblicheremo giorno per giorno tutti gli interventi scritti che ci sono pervenuti e  le conclusioni dei lavori dei gruppi che, per il numero elevato di partecipanti e la complessità degli interventi, sono ancora in fase di elaborazione.


21 gennaio 2012 – Incontro Nazionale di Roma
Assemblea permanente delle Donne per i Consultori


Grazie a Tutte per essere qui!

Siamo consapevoli che ognuna ha
affrontato un sacrificio di tempo, di denaro e di fatica.
Vi siamo profondamente grate per aver deciso di venire oggi a Roma per un
confronto che speriamo possa essere utile e fonte di entusiasmo per
tutte. E’ quello che abbiamo sperato e voluto proponendo questo
incontro.
Veniamo da una lunga battaglia e ci sembra che sia una battaglia che
non è solo nostra, ma ha avuto a Roma e nel Lazio un centro
particolare.
Quando all’apertura della legislatura regionale nel 2009 la Tarzia ha
presentato il suo disegno di legge, essa teneva conto dell’esperienza
precedente in cui in fine legislatura eravamo riuscite a bloccarla.
Questa volta pensava di giocare in anticipo sul tempo ma anche
garantendosi una maggioranza assoluta in consiglio regionale perché la
sua proposta fosse approvata in un batter d’occhio. La prima legge
approvata, un fiore all’occhiello da replicare ovunque.
Oltre tutte le firme della maggioranza, la proposta recava le firme di 7
consiglieri dell’opposizione. L’imprevisto siamo state ancora una
volta noi donne, abbiamo svelato il senso di quella proposta che non
era di semplice riordino e di privatizzazione dei consultori pubblici
(cosa che sarebbe stata comunque grave) e ci siamo opposte tutte
insieme costruendo le condizioni per cui anche i consiglieri regionali
che avevano firmato per opportunismo, ignoranza e malafede ha dovuto prenderne
atto e tornare sui propri passi, mentre i consiglieri di maggioranza
hanno perso lo slancio iniziale.

Perchè noi abbiamo fatto letteralmente muro sul principio
dell’autodeterminazione (quella legge non parla di noi).
Lo abbiamo impedito con i nostri corpi perché abbiamo dimostrato
l’arroganza e l’insipienza dell’illegalità e incostituzionalità del
testo proposto e svelato la sua natura. Abbiamo, forti delle nostre
ragioni, chiesto pareri giuridici e costituzionali, lanciato
una raccolta di firme attraverso la quale spiegare a donne e uomini
della regione quanto stava succedendo.
Contro questa proposta di legge in poco tempo
abbiamo raccolto 100.000 firme, facendo banchetti ovunque fosse
possibile, anche alle fermate della metropolitana, nelle piazze, con
volantinaggi itineranti per le vie del centro, e naturalmente nei consultori,
nei nostri luoghi di lavoro, con parenti ed amici, parlando proprio con tutti.
La risposta di donne e uomini al nostro invito a firmare
è sempre stata positiva, immediata ed entusiasta,
anche esprimendo preoccupazione di perdere o
di vedere snaturato un servizio che, pur con i suoi limiti,
dal 1975 garantisce informazione, promozione e tutela
della salute delle donne, delle coppie, degli adolescenti.
Per molte e molti parlare con noi di diritto alla salute,
di contraccezione o di aborto è stato liberatorio.

E poi abbiamo fatto, con oltre sessanta associazioni di Roma e del
Lazio richieste di audizioni, coinvolto gli ordini professionali, i
municipi, i comuni e le province e affermato la nostra presenza
ovunque fosse possibile, usato la stampa con flash-mob davanti ai
consultori e con manifestazioni sempre più importanti e determinate
abbiamo esercitato un controllo politico su quello che succedeva nelle
Commissioni e nelle aule della Regione.

Abbiamo sventato le provocazioni e le bugie continue della Tarzia e
dei suoi agguerriti sostenitori. C’è un report che dà sinteticamente
conto del lavoro di questi 18 mesi e scorrendo il quale
ci si può rendere conto del perché la prima legge di questa
consigliatura deve essere ancora approvata,
sebbene Polverini si rifiuti da mesi di riceverci e prendere atto
che abbiamo raccolto più di 100 000 firme.
Quest’atteggiamento la dice lunga sulla
sua idea di democrazia e di rispetto delle donne nonostante le sue
campagne milionarie sul “voi mi state a cuore".
Eppure non possiamo essere soddisfatte, non solo perché quel testo non
è stato ancora ritirato anche se sta su un binario morto nonostante le
dichiarazioni della signora Tarzia. Ma perché il problema viene
affrontato negativamente anche in tutti gli altri settori di
competenza istituzionale: attraverso la proposta di modifica della
legge regionale sull’assistenza sociale con la modifica dei distretti
sociosanitari; sulle idee arretrate e “rancorose” nei confronti delle
donne nel nuovo Piano famiglia dell’Assessore Forte; con lo
svuotamento quotidiano nella gestione della sanità dove nei consultori
non c’è tourn-over sul personale e quindi le equipe sono sempre più in
difficoltà; e infine nell’applicazione della legge 194 in cui si deve
sempre fare i conti con gli obiettori di coscienza (e ora l’obiezione
è fatta propria anche da farmacisti in barba alla legge nazionale e
alla convenzione con la Regione nonostante la pillola del
giorno dopo non sia un farmaco abortivo).
Non siamo soddisfatte perché in gioco c'è il nucleo della politica
dello scambio tra Security e Safety che è stato messo in opera negli
ultimi anni, strumentalizzando il nostro corpo, a nostro danno.
Attraverso le politiche securitarie e la legge della paura, che scarica
il degrado culturale costruito con le politiche iperliberiste degli
ultimi 20 anni sulle popolazioni migranti, mentre in ogni luogo del
paese le donne, nel migliore dei casi continuano a non poter contare
sui servizi – asili nido, centri antiviolenza, case reddito - , nel
peggiore continuano a morire per mano dei propri congiunti.
Ma cosa c'è nella legge Tarzia che ci fa considerare ignobile quella
proposta, non emendabile, completamente inaccettabile?
C'è scritto che “i consultori …..sono istituzioni vocate a sostenere e
promuovere la famiglia e i valori etici … a vigilare sulla famiglia
…. prevedendo e prevenendo crisi ….. sostenendola nel suo intero ciclo
vitale”e che “La regione riconosce la dimensione “sociale” della famiglia
fondata sul matrimonio…. come istituzione votata al servizio della
vita …… riconosciuta come realtà preesistente al diritto positivo”

C'è una idea delle donne arcaica e punitiva, ci vuole tutelare e
contemporaneamente relegare a un ruolo subalterno e supplente di uno
stato assistenziale, c’è un idea di famiglia che non corrisponde a ciò
che noi costruiamo con gli affetti, le relazioni, la solidarietà
...c'è invece quel modello di famiglia mononucleare (padre madre
-sposati- e possibilmente due tre figli) in cui la donna è una
matrice, è un contenitore, e ha senso e valore solo in virtù della
funzione riproduttiva, e non ha diritti al di fuori dello stare in
quel tipo di famiglia.
Ma è lo stesso modello di famiglia su cui si basano le politiche di
conciliazione - tempi di lavoro fuori di casa e tempi di lavoro di
cura in casa non retribuito -ed è lo stesso modello di famiglia, e di
relazione affettiva, in cui le donne vengono ammazzate dai mariti, ex
mariti, padri, fratelli, fidanzati etc etc.

(quella famiglia che impedisce per es. a una adolescente di
riconoscere il proprio desiderio sessuale, e di viverlo, come è
accaduto a Torino, e che pur di sfuggire alla colpevolizzazione che la
sua famiglia esercitava su di lei non ha potuto o voluto affrontare
responsabilità sul proprio corpo e sulle proprie scelte sessuali e si
è assunta la responsabilità di indicare stupratori inventati che
diventano pretesto per far bruciare un campo rom)
E’ un modello di famiglia in cui noi siamo spogliate di diritti
individuali, abbiamo solo il compito riproduttivo e per questo
dobbiamo stare sotto tutela e sotto controllo.
E allora fermare il pdl Tarzia non basta, anche se è necessario.
Abbiamo constatato fin dall’inizio che la proposta di legge Tarzia,
che sembrava affiancarsi a situazioni precedenti di protagonismo del
movimento per la vita, in realtà era molto più oltranzista degli
interventi certo non leggeri fatti da Formigoni con il progetto Nasko
o da linee guida di peggioramento della 194 come ha fatto Cota.

L’inserimento del movimento per la vita puntava svuotare di senso a
livello locale le leggi nazionali con limitazioni della 194 o con
trasferimenti di risorse ad associazioni confessionali. In questi casi
la dimensione ideologica della vita e il problema dell’obiezione di
coscienza rimangono strumenti privilegiati ma si cerca di ostruire
dall’interno delle strutture la possibilità di autodeterminazione
delle donne, lavorando sulla dissuasione di ogni singola donna e
contando sulla fragilità emotiva in quel momento particolare. Con la
proposta del Lazio si compie un salto di qualità puntando alla rimessa
in discussione e a una rivincita politica e culturale sui principi
cardine di libertà di scelta voluti dalle donne negli anni ‘70 e a una
sostanziale abolizione, per via di un federalismo eversivo, di leggi
nazionali conquistate la 405,la 194,persino alcuni principi del
diritto di famiglia e la modifica dei consultori in centri famiglia
dove tutte le competenze e il potere è assegnato a nuove figure
specialistiche di chiaro stampo etico e confessionale reclutate fuori
e contro gli operatori pubblici, messi sotto tutela con i comitati
etici, figure che intervengono in ogni stadio della vita di coppia
dalla contraccezione al parto dalla dissuasione certificata
dell’aborto all’educazione dei figli, dalla tutela del concepito come
soggetto di diritto alla tutela della coppia arrivando a
rappresentarla nel rapporto con la magistratura nelle separazioni o
per famiglie problematiche ecc. Contemporaneamente si spostano su
queste figure e questi servizi non solo tutte le risorse sottratte ai
consultori pubblici ma anche risorse più sostanziose e perfino
detrazioni fiscali non contemplate da nessuna legislazione nazionale.
Tutto si può racchiudere nel tentativo di cambiare lo stesso articolo
della costituzione che parla della famiglia come società naturale per
farla diventare soggetto politico e dove la sussidiarietà attualmente
prevista è rovesciata nel suo contrario. Le nuove proposte di legge in
Piemonte e in Veneto si muovono su questa falsariga e la Tarzia ha
annunciato a breve la presentazione di proposte simili in altre
regioni Italiane, mentre non si placa il boicottaggio solito di
marginalizzazione del servizio consultoriale, non viene applicato il Pomi,
non si dà attuazione a quanto indicato dai LEA (livelli essenziali di assistenza) e
dal Percorso Nascita, che prevede un ruolo determinante dei consultori.
La battaglia degli obiettori è sempre più estesa, persino per la pillola del giorno dopo,
e non trova efficace gestione l’IVG farmacologica, con la pillola RU 486;
continuano a macchia di leopardo
le intimidazioni verso le donne che ricorrono alla 194
con azioni feroci sia del movimento per la vita o
anche di altre associazioni come Giovanni XXIII.
Per tutte queste ragioni abbiamo pensato che questa non era una
battaglia di retroguardia o settoriale ma un conflitto necessario
perchè mette in discussione la libertà di scelta delle donne. Per
questo alla retorica della vita abbiamo risposto che la vita siamo noi
con la nostra capacità di prenderci cura di noi stesse in primo luogo
e quindi di tutti i nostri affetti se vogliamo.

Abbiamo pensato che ripartire dalla difesa dei consultori, dalla
difesa dei diritti acquisiti ( sulla salute riproduttiva ma non solo)
significa ripartire dalla consapevolezza che il nostro corpo, il
nostro controllo sul nostro corpo, su noi stesse è il punto centrale –
è la sostanza della parola autodeterminazione - da cui possiamo
partire per proporre anche un sistema sociale diverso, tanto più in un
momento dove altri diritti e altri servizi rischiano di essere
travolti dalla crisi e dalla contrazione della spesa pubblica.

Ma è una battaglia che le donne stanno combattendo in modi diversi in
molte realtà italiane ed è per questo che abbiamo sentito il bisogno
di un confronto che ci permettesse di andare oltre le informazioni
generali. E’ importante conoscersi e riconoscere le donne che queste
battaglie le stanno facendo in prima persona e riconoscerci e darci
forza le une con le altre. Per questo abbiamo proposto questo incontro
e vi abbiamo invitato a discutere insieme sullo stato delle cose nei
vari territori con l'idea che se ci coordiniamo possiamo reagire, tutte
insieme, a livello nazionale allo svuotamento regionale di parti di
welfare irrinunciabili per le donne italiane e le donne migranti.

Vogliamo ragionare partendo dal fatto che il corpo, il nostro
controllo sul nostro corpo che poi è il controllo su noi stesse, è
fulcro dei diritti e dei servizi che rivendichiamo. Per questo anche
l’incontro è strutturato su queste tre parole corpo diritti servizi.

La lezione per noi più importante di questi 18 mesi è stato vedere
come il confronto tra donne, anche molto diverse le une dalle altre, ci
abbia dato lucidità e forza collettiva. Questa forza ha fermato quella
che sembrava un potere invincibile che giocava contro le altre donne
per tutelarle da se stesse in nome della vita.
Questa nostra forza ha
costretto, almeno per il momento, chi pensava che la libertà delle
donne fosse cosa d’altri tempi da lasciarsi alle spalle a fermarsi e
riflettere. E’ solo un primo risultato e ci piacerebbe che succedesse
anche a livello nazionale.

Perché crediamo fermamente che l’autodeterminazione delle donne è
innanzitutto una battaglia di libertà e democrazia che coinvolge tutte
e tutti, perché inciderà sul nostro futuro e su quello delle
generazioni a venire. Perché è necessario decostruire il prototipo
della “famiglia coatta” per ricostruirla sul desiderio e le relazioni
affinchè nessuno possa più deliberare sul nostro corpo e soprattutto
affinchè nessuna sia più esclusa da diritti universali – diritti di
cittadinanza, reddito, welfare-.
Perchè non siamo mai state zitte e a più riprese siamo uscite dal
silenzio, ma ora bisogna farlo in modo più forte.

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