- NOVITA' -

20 luglio 2011

Opuscoli e fondi pubblici

Ormai da parecchi anni le Amministrazioni Pubbliche, dagli Enti Locali ai Ministeri, usano ricorrere a opuscoli e vademecum di vario genere per comunicazioni ritenute di pubblica utilità.


A volte l’elaborazione del contenuto viene affidata ad associazioni di settore, altre volte è frutto del lavoro di un gruppo selezionato dal politico di turno.

A volte l’utilità del mezzo è discutibile, qualche volta è probabile o concreta, altre volte il contenuto e la modalità di argomentazione della pubblicazione sembrano addirittura controproducenti rispetto all’obiettivo dichiarato.

Non si può dubitare a priori della buona fede di chi se ne assume la paternità/maternità politica, ma è quanto meno discutibile che chi vuole dare informazioni per contrastare un fenomeno negativo o promuovere comportamenti virtuosi non ricorra alle competenze e alle professionalità che esistono all’interno delle amministrazioni o delle istituzioni che rappresenta, ma si rivolga ad organismi privati, sovvenzionati a tal fine.

Per esemplificare, mi soffermo sull’opuscolo “Come vivere serenamente la maternità” recentemente pubblicato con fondi del Comune di Roma, su iniziativa di Lavinia Mennuni, delegata alle Pari Opportunità e alle relazioni con il mondo cattolico dal sindaco Alemanno.

Il testo affronta vari aspetti della maternità e tratta in maniera prevalente la depressione post partum, dando indicazioni su come riconoscerla e come affrontarla.

A parte la pericolosità di questo invito al ”fai da te” rispetto alla diagnosi di un problema serio e delicato come la depressione legata alla nascita di un figlio, stupisce e disorienta il fatto che nemmeno un rigo della pubblicazione faccia riferimento a servizi che per loro peculiare compito istituzionale si occupano di maternità. Parlo, ovviamente, dei Consultori Familiari, distribuiti su tutto il territorio della città, pubblici, gratuiti e competenti in materia, riferimento importante – se conosciuto – per il sostegno alla donna e alla coppia nei momenti di passaggio delle fasi di trasformazione del ciclo vitale.

Né, per la stesura del vademecum, è stata chiesta la collaborazione o almeno il parere della Consulta dei Consultori – che, ricordo, è una istituzione del Comune di Roma e non un’associazione qualunque, e la cui delibera istitutiva prevede che si esprima su tutti gli atti che riguardano la salute e la condizione delle donne, oggetto dell’intervento del Comune di Roma.

In merito a tale opuscolo la Consulta ha inviato una nota alla consigliera Mennuni, come pure ha inviato una lettera al dipartimento della Comunicazione e relazioni istituzionali del Ministero della Salute a proposito di una iniziativa sull’allattamento al seno, che analogamente non dava indicazioni della presenza e della specificità dei Consultori Familiari proprio rispetto al sostegno e all’aumento della competenza delle giovani madri sull’allattamento al seno.

In nessuno dei casi è pervenuta risposta.

Adesso c’è l’ultima pubblicazione del Comune di Roma: “Vademecum per la tua sicurezza”, che dispensa consigli alle donne su come comportarsi per non essere oggetto della violenza maschile.

Consigli orientati soprattutto alla autolimitazione della donna, che inducono più alla paura che non ad un atteggiamento di affermazione del diritto delle donne alla libera circolazione e alla garanzia della sicurezza che è loro dovuta, e che si concludono con la proposta di acquisto, in convenzione con il Comune di Roma, di un dispositivo detto PeTra, di tecnologia superavanzata, in grado di garantire la sicurezza alla donna 24 ore su 24.

A parte l’idea anacronistica della donna che emerge dalle pagine della pubblicazione, a parte le statistiche che rilevano da anni che i violenti le donne li incontrano soprattutto in famiglia e non per la strada, c’è un altro aspetto che richiede un approfondimento, anzi due:

- anche in questo caso l’opuscolo è stato progettato e realizzato senza coinvolgere associazioni storiche che combattono la violenza contro le donne o centri antiviolenza, ma singole donne, giornaliste, politiche, insegnanti, attrici, operaie e altre categorie non competenti in materia;

- rispetto all’uso dei fondi pubblici: soldi per la pubblicazione, soldi per la convenzione con la Synaps Technology per lo sconto sull’acquisto di PeTra. E’ possibile tutto ciò? E’ regolare? E anche se regolare sul piano formale, è giusto impegnare denaro pubblico per pubblicazioni di dubbia utilità anziché dare delle risposte concrete in termini di servizi o di misure che aumentino la sicurezza nella città?

Sono consapevole dell’impopolarità di cui gode in questo momento storico tutto ciò che è pubblico, ma rimango dell’idea che solo il servizio pubblico - se opportunamente stimolato, controllato e se gli viene riconosciuto il ruolo che gli spetta e gli oneri conseguenti - possa garantire a tutti i cittadini la continuità di prestazioni dignitose, rispettose dei diritti ed economicamente vantaggiose.

Amministrare la cosa pubblica non vuol dire gestire in maniera autoreferenziale il potere che democraticamente i cittadini hanno delegato, ma essere e sentirsi responsabili oltre che delle scelte politiche di fondo, anche di ogni singolo atto e di ogni centesimo che viene speso per la comunità.
Pina Adorno

Nessun commento:

Posta un commento