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23 ottobre 2011

Donne e Consultori

Dare soluzioni o restituire potere e responsabilità alle donne?

di Mariella Marcelli

Sempre più spesso leggiamo messaggi promozionali di enti e associazioni private di questo genere:

“… a grande richiesta e sulla scia di un successo ormai consolidato, proponiamo alle neo mamme ed ai neo papà il corso pre-parto. Con due incontri settimanali verranno illustrate da esperti e professionisti tutte le possibilità per vivere questo evento magico nel modo più sereno e consapevole”

“... potete trovare informazioni a 360 gradi con la certezza di trovare risposta ad ogni perplessità o domanda che il diventare genitori comporta ...”

Sembra che ci sia una soluzione a tutto, senza fatica, senza problemi ulteriori: non solo chi vuole dimagrire può mangiare come e quanto vuole, ma si può vivere la propria sessualità con la massima soddisfazione, non avere un figlio o averlo, partorire, allattare, lavorare, avere una relazione affettiva, essere genitore e lavorare, con successo, superando facilmente ogni problema. Come? In alcuni casi c’è un farmaco “magico”, in altri si deve consultare il manuale dell’esperto di turno con il suo decalogo essenziale, più spesso la proposta è di affidarsi direttamente ad una persona che, a seconda del contesto, può chiamarsi consulente, ostetrica, doula, coach, personal trainer, (le figure professionali si moltiplicano e si arricchiscono di definizioni) e costui, operatore sociale, sanitario, psicologico o religioso che sia, assicura che seguirà la donna passo passo, indicandole la strada, non lasciandola mai sola, aiutandola a pianificare il tempo e le azioni all’insegna dell’efficienza e del massimo risultato: una gravidanza felice, un parto senza dolore, un bambino che mangia e dorme …… e tutti vissero felici e contenti ...

E questo come risposta a situazioni che vengono prospettate alla donna come angosciose: il parto è certamente sofferenza e per di più tremenda e inutile, dopo il parto la depressione è dietro l’angolo, il bambino, poi, se non viene educato a rispettare le regole del mangiare e del sonno diventa “viziato” e tiranneggia i genitori, il lavoro non può essere trascurato, è difficile far carriera se non si rispettano i ritmi della produttività e se non si ha cura della propria immagine …

Quante volte abbiamo sentito dire che le donne “al momento del parto perdono la testa, gli uomini svengono, gli ormoni dopo il parto fanno venire la depressione, ...”: l'immagine che se ne ricava è quella di donne deboli, insicure, non in grado di affrontare la gravidanza, il parto, sempre preda degli squilibri ormonali, o di uomini altrettanto fragili e poco affidabili. A tutti occorre uno specialista o un tutor al quale appoggiarsi.

Capovolgendo la successione reale e travisando i significati, la sofferenza e la fragilità diventano segnali di qualcosa che non funziona nella persona, e tutti gli eventi e i cambiamenti che si presentano perdono la caratteristica di un processo fisiologico e vitale, per rappresentare una minaccia e una patologia che viene attribuita all’individuo, trascurando di osservare le criticità del contesto e le responsabilità di tutti gli attori, inclusi i professionisti dell’aiuto!

Come operatori di consultorio familiare pubblico abbiamo un'altra idea delle donne! Pensiamo siano un punto di forza e non una componente debole della nostra società e ci sentiamo chiamati a contribuire alla costruzione di un’altra prospettiva: quella di promuovere la salute, intesa come benessere sociale psicologico e fisico. Questo significa riconoscere alle persone, e in primo luogo alle donne l’esercizio di un diritto positivo alla salute, non solo quello di essere curate ma di essere responsabili del raggiungimento e del mantenimento del proprio benessere. E’ in tal senso che si realizza il principio dell’empowerment, nel suo pieno significato di restituire potere e responsabilità della propria salute e delle proprie scelte a chi si rivolge al nostro servizio.

La legge istitutiva dei Consultori Familiari contiene le coordinate perché questo si possa realizzare:

• essere un servizio di genere
“Investire sull’empowerment delle donne produce il massimo valore aggiunto,

per la donna stessa e per la famiglia di cui ha responsabilità di cura” (Grandolfo)


• inserito nel territorio per offrire attivamente interventi di prevenzione sanitaria a più ampie fasce di popolazione prima che si manifestino i problemi

• attento all’accoglienza e all’ascolto della domanda delle persone e a valorizzare le risorse di cui sono portatrici, promuovendo il mutuo aiuto e l’educazione tra pari

• l’essere un servizio sociosanitario, i cui diversi professionisti sono chiamati a lavorare in équipe affinché, prima di offrire risposte, ci sia un ascolto attento della domanda di cui le persone sono portatrici nelle sue molteplici dimensioni.
Può essere una delusione per chi si aspetta ricette, consigli, istruzioni, subito e per tutto, e può essere ritenuto un servizio poco produttivo se le prestazioni non sono quantificabili in termini di prescrizioni o di cure specialistiche.

Cosa raccontano agli operatori le donne che frequentano il Consultorio?

Alcune dicono di stare bene (Strana espressione! Come si può tradurre in termini “sanitari”?), altre sentono di aver maturato e assunto nel tempo decisioni rispondenti ai propri bisogni, magari dopo aver partecipato ad un incontro di educazione alla salute, altre hanno iniziato ad aiutarsi reciprocamente o si sono fatte portatrici di messaggi di salute nei confronti anche di chi non si è mai rivolto al nostro servizio.

Le amministrazioni pubbliche sembrano invece non ritenere che tutto questo rientri nell’ambito della salute, nonostante le definizioni e le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Come interpretare altrimenti la scarsa attenzione ai Consultori Familiari pubblici, non tanto e non solo in termini di risorse investite, ma anche di marginalità della loro esistenza all’interno delle Asl e delle esperienze territoriali? Sono frequenti le pubblicazioni istituzionali di informazione sulla salute della donna, dall’allattamento al seno alla depressione post partum, alla sessualità, alla contraccezione, che non includono mai tra le indicazioni fornite l’offerta dei Consultori Familiari (indirizzi, compiti, gratuità e libertà di accesso). Peraltro, le stesse istituzioni sponsorizzano e patrocinano iniziative di associazioni private, certamente pregevoli, ma delimitate e rispondenti anche a loro proprie legittime finalità.

E’ come se i Consultori Familiari pubblici non fossero mai entrati a pieno titolo nel sistema dei servizi sanitari, ma fossero sempre rimasti ai margini del sistema dei servizi sociali, questi ultimi chiamati ad intervenire con risorse economiche sempre più esigue sulle urgenze, in funzione riparativa, impossibilitati a progettare a più lunga scadenza.

Tutto questo riflette anche il mito che “privato è più bello, più soddisfacente, più economico”, in contrapposizione con un pubblico considerato carente e inefficiente, anche se poi alcuni dati affermano il contrario: laddove ci sono i consultori familiari pubblici si è ridotto in maggiore misura il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza (Relazione del Ministro Fazio), tra le donne che hanno frequentato i gruppi di accompagnamento alla nascita nei consultori c’è una maggiore percentuale di parti fisiologici e di mamme che allattano al seno più a lungo, tanto per citare alcuni esempi.

E’ vero che chi si rivolge al nostro servizio ha già la consapevolezza di un bisogno di salute, ed è anche vero che sarebbe necessario fare di più, raggiungere più ampie fasce di popolazione, ma sarebbe scorretto rimproverare di questo gli operatori che lavorano nei consultori pubblici e che nonostante le difficoltà strutturali raggiungono comunque questi risultati.

Viene il sospetto che la mancanza di investimenti nei consultori pubblici da una parte, e l’appello alla sussidiarietà sociale dall’altra, più che da un problema di scarsità di risorse e dall’intento di promuovere le iniziative della società civile, sia motivato dalla volontà di deviare fondi pubblici verso le realtà private a cui delegare il proprio dovere istituzionale, adducendo anche come giustificazione le leggi di mercato ...

Gli operatori dei consultori familiari sono e devono mantenersi lontano da queste logiche: non possiamo rispondere all’obiettivo di conquistare/fidelizzare gli utenti con la disponibilità a soddisfare le domande di salute delle singole persone (come per esempio la richiesta di un sempre maggior numero di analisi per la gravidanza anche senza evidenze scientifiche), e soprattutto a corrispondere all’aspettativa che una volta espressa la loro domanda, possano a noi delegare risposte e soluzioni: se così agissimo, tradiremmo il nostro mandato istituzionale.

Dobbiamo invece lavorare sulla domanda che le donne, le coppie, gli adolescenti fanno al consultorio, far emergere la consapevolezza dei propri bisogni e dei propri diritti, contribuire a rimuovere le discriminazioni di genere che hanno ripercussioni sulla salute della collettività e sull’investimento nel futuro della nostra società (solo laddove le donne hanno maggiore istruzione, maggiori riconoscimenti sociali - in particolare sul lavoro - nascono anche più bambini e crescono con un maggiore benessere psicofisico). In sostanza, restituire alle persone - e alle donne in primo luogo - il peso e il diritto della scelta e gli strumenti per prendersi cura di sé. Questo è il nostro impegno prioritario ... molti lo ignorano, o vogliono ignorarlo!
Consultori Familiari Pubblici e Salute

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