- NOVITA' -

28 dicembre 2011

Aspettando il 21 gennaio

21 gennaio 2012 – Incontro Nazionale per i Consultori Familiari


Il 21 gennaio l'Assemblea Permanente delle Donne contro la proposta di legge Tarzia ha convocato a Roma un incontro nazionale di confronto sulla situazione dei consultori familiari pubblici nelle diverse regioni italiane. Una rappresentanza dell'Assemblea ha partecipato ad un incontro che ha avuto luogo a Torino in novembre e a metà gennaio parteciperà ad una assemblea a Reggio Emilia.
Una reazione simultanea, nelle diverse realtà regionali, ai tentativi in atto per sottrarre alle donne un servizio che, nonostante le carenze di personale e le difficoltà logistiche, ha garantito il diritto alla salute sessuale e riproduttiva dal 1975 ad oggi, rispettando le differenti appartenenze culturali, religiose, politiche delle donne, delle coppie, degli adolescenti, e lavorando per l'aumento della consapevolezza di tutti.
Pubblichiamo a seguire i contributi alla discussione che sono stati fino ad oggi prodotti ( Pina Adorno, Maria Marcelli, Milva Pistoni, Giovanna Scassellati, Carlotta Sorrentino ) e invitiamo chi vuole a inviarci riflessioni e spunti per ampliare il dibattito.

Diritto alla salute e servizi per le donne
Pina Adorno Maria Marcelli

Il diritto alla salute è sancito dalla nostra costituzione (art. 32) e nella definizione dell’OMS la salute viene tratteggiata nella sua accezione complessiva di benessere psicofisico e non di semplice assenza di malattia.

Per quanto riguarda la salute delle donne, all’inizio degli anni ’70 il movimento femminista arriva a delineare un modello di salute che parte dalla differenza e dalla consapevolezza di genere e consente alle donne di diventare responsabili e protagoniste delle proprie decisioni, consente alle donne di affermare la loro soggettività, di non essere subalterne a nessuno nel pensare il proprio futuro. Di affermare il diritto all’autodeterminazione.

I consultori, che le donne italiane degli anni ’70 hanno voluto e imposto, cambiando anche l’approccio della medicina tradizionale e il ruolo di medici e operatori sanitari, si collocano in questo solco e in questa prospettiva, e lavorano per promuovere e tutelare la salute psico-affettiva, sessuale e riproduttiva della donna, della coppia, degli adolescenti.

Dagli anni ’90 i consultori sono stati progressivamente abbandonati dalle donne organizzate - sia nella veste di utenti e sia come partecipazione e controllo politico - che hanno scelto soluzioni private e hanno lasciato i consultori in un percorso di progressiva sottomissione a criteri sanitari aziendali.

Parallelamente, soprattutto negli ultimi anni, si sono moltiplicate le agenzie e le associazioni private finalizzate a dare “risposte certe e rapide” ai bisogni delle donne. E’ uno spazio politico e/o occupazionale legittimo e meritorio - sia nella veste di volontariato sia in quella imprenditoriale - anche se a volte l’impressione è che le soluzioni trovate si muovano più come assunzione di delega da parte delle donne che non della promozione dell’autodeterminazione.

Come operatori di consultorio familiare pubblico ci sentiamo chiamati a contribuire alla costruzione di un’altra prospettiva: quella di promuovere la salute, intesa come benessere sociale psicologico e fisico. Questo significa riconoscere alle persone, e in primo luogo alle donne, l’esercizio di un diritto positivo alla salute, non solo quello di essere informate e curate, ma di essere responsabili del raggiungimento e del mantenimento del proprio benessere.

E’ in tal senso che si realizza il principio dell’empowerment, nel suo pieno significato di restituire potere e responsabilità della propria salute e delle proprie scelte a chi si rivolge al nostro servizio e a chi il consultorio riesce a raggiungere.

La legge istitutiva dei Consultori Familiari contiene le coordinate perché questo si possa realizzare:

essere un servizio di genere


• inserito nel territorio per offrire attivamente interventi di prevenzione sociosanitaria a più ampie fasce di popolazione


• attento all’accoglienza e all’ascolto della domanda delle persone e a valorizzare le risorse di cui sono portatrici, promuovendo il mutuo aiuto e l’educazione tra pari


• l’essere un servizio sociosanitario, i cui diversi professionisti sono chiamati a lavorare in équipe affinché, prima di offrire risposte, ci sia un ascolto attento e la rielaborazione della domanda.


Può essere una delusione per chi si aspetta ricette, consigli, istruzioni, immediatamente e per tutto, e può essere ritenuto un servizio poco produttivo se le prestazioni non sono quantificabili in termini di prescrizioni o di cure specialistiche.

Come operatori dei consultori familiari non possiamo rispondere all’obiettivo di conquistare/fidelizzare gli utenti con la disponibilità a soddisfare comunque le domande di salute delle singole persone (come per esempio la richiesta di un sempre maggior numero di analisi per la gravidanza anche senza evidenze scientifiche), e soprattutto a corrispondere all’aspettativa che una volta espressa la loro domanda, possano a noi delegare risposte e soluzioni: se così agissimo, tradiremmo il nostro mandato istituzionale.

Dobbiamo invece lavorare sulla domanda che le donne, le coppie, gli adolescenti fanno al consultorio, far emergere la consapevolezza dei propri bisogni e dei propri diritti, contribuire a rimuovere le discriminazioni di genere che hanno ripercussioni sulla salute della collettività e sull’investimento nel futuro della nostra società (solo laddove le donne hanno maggiore istruzione, maggiori riconoscimenti sociali - in particolare sul lavoro - nascono anche più bambini e crescono con un maggiore benessere psicofisico). In sostanza, il nostro impegno prioritario è quello di restituire alle persone - e alle donne in primo luogo - il peso e il diritto della scelta e gli strumenti per prendersi cura di sé.

La difficoltà non sta nel modello, ma nella mancata messa a regime dei consultori, nella carenza di strutture, operatori, strumenti; l’incontro delle donne con gli operatori dei consultori è un’occasione importante per l’informazione e la sperimentazione di un rapporto di sostegno alla consapevolezza e alla autodeterminazione.


Il corpo delle donne
Giovanna Scassellati

 La crisi economica aggrava la già carente rete dei servizi del welfare
e facilita meccanismi di regressione della condizione delle donne
facilitando il ritorno ai ruoli riproduttivi ed assistenziali del
sistema famiglia, piuttosto che produttivi, trasgredendo tutte le
conquiste proprie dell'autodeterminazione..

Le lotte del movimento femminista degli anni settanta hanno avviato
dei processi di cambiamento culturale e sociale, la vita sessuale
delle donne sganciata dal condizionamento restrittivo della
riproduzione ha stimolato adeguamenti nei sistemi sanitari.

Il passaggio dal concetto di salute materno/infantile all'approccio
alla salute riproduttiva ha promosso una concezione più ampia della
salute della donna assicurandone i diritti riproduttivi e
l'empowerment.
Beneficiando delle pratiche del self-help proprie del movimento
femminista, le donne hanno ormai assunto il ruolo di soggetto attivo
e non l'oggetto dei servizi di salute riproduttiva.

La crisi macro economica in atto rischia di rimettere in discussione i
diritti acquisiti in ambito sanitario, lavorativo, affettivo e
culturale.
A livello della politica dell'ultima legislatura italiana,
l'immagine pubblica della donna e' stata denigrata e
ridotta a bellezza esteriore od immagine sessuale.

L’importanza di apparire belle nel corpo senza rughe e con
seni rifatti, ha ricondotto l'attenzione delle donne all'essere per
gli altri piuttosto che al sentire il proprio corpo come espressione
dei propri diritti e desideri.
Le pratiche del self-help avevano delineato dei percorsi di
autodeterminazione delle scelte della propria salute e della gestione
delle cure finalizzate al proprio benessere, così come per le scelte
di contraccezione e maternità.

Oggi riemerge l'esigenza di ripartire da tali pratiche e passare
il testimone alle giovani donne affinché portino avanti
un discorso di riappropriazione del proprio corpo e
sull'empowerment..

In tutte le società se la donna sta bene anche la
società funziona meglio e
l'accesso alla salute riproduttiva rappresenta una tappa di
grande valore.

La lotta per la rinascita dei consultori per la salute riproduttiva
riemerge di grande attualità, l'adozione della RU486 a livello
nazionale e la sua messa in uso in tutti i presidi sanitari dove viene
applicata la legge 194 rappresenta una delle nuove sfide per il
movimento delle donne.



Corpo, diritti e servizi.
Milva Pistoni


Ci siamo ritrovate alla casa internazionale delle donne di Roma, quasi due anni fa, spinte dalla necessità di fare qualcosa contro l'ignobile proposta di riforma dei consultori del Lazio, la proposta di legge di Olimpia Tarzia -una donna fondamentalista cattolica del movimento per la vita - che aveva l'appoggio di tutto il centrodestra che governa la nostra Regione e anche le firme di ben quattro rappresentanti, maschi Ça va sans dire, del centrosinistra e che poteva essere approvata da un momento all'altro.

Nonostante le differenze di età, di opinioni politiche e di estrazione sociale, abbiamo fatto muro contro una legge che fa scempio del diritto alla salute delle donne, che le riduce -di nuovo- a uteri, a vuote matrici e le relega -di nuovo- al ruolo di custodi della “sacra famiglia” .

Quel tipo di famiglia -tenuta insieme da una violenza sorda- come quella sacra famiglia torinese che è riuscita ad impedire a una adolescente di riconoscere, e vivere con responsabilità, il proprio desiderio sessuale tanto che la poverina ha preferito rendersi responsabile dell'assalto criminale ai Rom piuttosto che ammettere di aver perso, volontariamente, la verginità.

Nonostante le difficoltà, note a chi ha pratica di politica e di femminismo, stiamo continuando a ragionare insieme perchè crediamo che in gioco, qui e ora, non ci siano solo i consultori ma la nostra

AUTODETERMINAZIONE, una parola difficile da spiegare ma che ci parla di desiderio, di voglia di vivere e di assunzione di responsabilità.

Mentre imperversa una feroce crisi economica che strangola le donne noi stiamo ragionando a partire dal CORPO, per rivendicare, di nuovo, DIRITTI e SERVIZI e vi invitiamo al dibattito che è già in corso.





Diritto all'Autodeterminazione.
Carlotta Sorrentino

"Lo stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile".
E' questo l'incipit dell' art.1 della Legge 194 del 1978. Non a caso figura la parola diritto.

Diritto, Diritti, Giustizia Sociale, Libertà, parole di cui spesso si fa un uso per nulla consapevole. Parole che non sono solo tali, ma con loro portano un bagaglio culturale, sociale e politico pesante.

Abbiamo, come Assemblea delle donne, promosso questo incontro partendo proprio dalla consapevolezza che, ormai da troppo tempo, è in corso un attacco continuo a queste parole, ma soprattutto al loro portato culturale e sociale.

Vogliamo centrare il nostro confronto proprio sull'importanza e sul senso vero di queste parole. Vogliamo porre al centro del nostro dibattito l'autodeterminazione delle donne. Vogliamo che ad essere protagonisti tornino ad essere i diritti e le nostre proposte e rivendicazioni per estenderli, tutelarli e difenderli. Perchè è proprio questo che dobbiamo fare, dobbiamo difenderci. Dobbiamo difenderci da chi, in nome della difesa della vita, vuole smantellare i consultori; da chi vuole imporci un modello di "società etica"; dobbiamo difenderci da quanti in nome del mercato e per difendere i propri privilegi vogliono impedire alle donne di essere soggetti attivi nella vita pubblica del paese, che si traduce di fatto in una posizione di subalternità e passività anche nella sfera privata.

Dobbiamo difenderci da politiche retrograde e familiste, che vedono nell'espulsione della donna dal mercato del lavoro, una soluzione rapida e a costo zero per garantire il Welfare nel nostro paese. Le donne, lo ricordiamo, sono la maggioranza in molti di quei settori lavorativi dove la scure della crisi si è abbattuta più pesantemente. Tante, troppe, sono le donne che negli ultimi due anni sono state licenziate grazie alla pratica delle "dimissioni in bianco", ovvero quella norma che permette al datore di lavoro di licenziare impunemente una donna incinta. L'Italia è agli ultimi posti in Europa per occupazione femminile e per quanto riguarda la parità di trattamento economico tra donne e uomini. Tutto questo, insieme ad una sempre maggiore precarizzazione delle vite di tutti noi, donne e uomini, non favorisce certo la presenza delle donne nel sistema produttivo del paese e le relega ad un ruolo riproduttivo e di cura, scaricando sulle loro spalle tutto il peso di quelle politiche sociali, ormai praticamente inesistenti. Si pensi solo ai pesanti tagli all'istruzione prodotti dalla Riforma Gelmini, che non solo hanno dimezzato le classi a tempo pieno, ma hanno ridotto considerevolmente le ore di sostegno ai ragazzi con disabilità.

Pensiamo poi alla situazione drammatica del nostro sistema sanitario nazionale. In nome del profitto anche la salute delle cittadine e dei cittadini italiani, per non parlare di quella delle e dei migranti residenti nel nostro paese, è stata mercificata indiscriminatamente.

La tendenza e la ratio esistenti dietro ai tagli alla spesa pubblica dello Stato, alle varie proposte di riforme delle forme più disparate di tutele, che un secolo di lotte avevano a caro prezzo conquistato, sono sempre le stesse: favorire il privato a dispetto del pubblico. Privato che può essere rappresentato da enti di diversa natura, confessionali e non, o più semplicemente dalla famiglia, e quindi dalla donna. Proponendo in questo modo, non solo un modello di donna sottomessa e completamente svuotato del suo ruolo nella società e nella storia del nostro paese, ma un modello sociale escludente, in cui è l'interesse del singolo che primeggia su quello della collettività.

Un modello dove le persone in generale, e le donne in particolare, diventano "sole" difronte alle difficoltà. Che cosa avrebbe fatto la ragazzina di Torino, se avesse avuto la possibilità di rivolgersi ad un consultorio? Avrebbe avuto paura o magari avrebbe affrontato con serenità la sua prima volta?

E' da questo che dobbiamo difenderci. E' a questa continua sottrazione di diritti che dobbiamo opporci.

Dobbiamo impedire che le donne siano ad un tempo vittime della crisi e "strumenti" per risolverla.

Nessun commento:

Posta un commento