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14 febbraio 2012

La vita siamo noi

RAPPORTO SULL’ATTIVITA’ DEI CONSULTORI FAMILIARI ACCREDITATI DALLA REGIONE LOMBARDIA

di Daniela Fantini

ginecologa milanese

di Usciamo dal silenzio e di Se non ora quando Lombardia

 La gestione della Regione Lombardia ha completamente stravolto le finalità dell’attività del consultorio previste dalla legge nazionale che sottolineava le caratteristiche di intervento sulla donna, sulla salute riproduttiva e sulla famiglia, garantendo il diritto alla procreazione consapevole .Piano piano attraverso decreti ed emendamenti voluti e ispirati dal “governatore” Formigoni, nel 2010 il consultorio si è trovato a dover gestire il progetto Nasko attuato per prevenire l’interruzione della gravidanza. Premessa necessaria alla descrizione del sistema dei consultori è che in Lombardia vige il sistema della sussidiarietà:
Con la legge regionale 31 del '97, in Lombardia è stabilita la separazione fra le Asl (acquirenti di prestazioni) e i fornitori di prestazioni, con l'equiparazione tra pubblico e privato. Alla Regione spetta il compito di definire le regole di governo del sistema, che rappresentano gli strumenti principali di programmazione; l'Asl ha funzione di coordinamento e controllo del socio-sanitario; la gestione e la programmazione dei servizi sociali spetta ai Comuni.
Il terzo settore è riconosciuto come soggetto operante nel sistema socio-sanitario e socio-assistenziale (con l'istituzione di tavoli permanenti). Entra in vigore un sistema di finanziamento che attribuisce un determinato valore a ogni prestazione (DRG) e quindi l’attività preventiva ,una volta gratuita, diventa a pagamento come le altre prestazioni del SSN. Accade così che le strutture private programmino i servizi e le prestazioni maggiormente remunerative, drenando la maggior parte di risorse pubbliche disponibili. I consultori privati hanno così potuto accreditarsi in base a criteri definiti dalla Regione.
Essi riguardano la struttura e chi ci lavora, ma trascurano uno dei punti guida della legge sui consultori pubblici del 1975: la laicità. Accade così che molti consultori privati accreditati di matrice cattolica possano fare obiezione di coscienza di struttura, rifiutando le pratiche relative alla legge 194 e promuovendo un certo tipo di “educazione” alla sessualità.

Attualmente la rete è composta da 216 sedi principali, 152 pubbliche e 72 private accreditate. Queste ultime nel 2007 erano 54. Solo 2 consultori privati sono laici. Si può notare che tra i consultori pubblici nel 2006 si contavano ben 72 strutture pubbliche dislocate (dipendenti da un consultorio principale perché mancanti di alcune delle figure professionali previste), mentre tra quelli privati solo 5 sono in questa situazione.

Le prestazioni mediche vengono erogate per il 70% dalle strutture pubbliche, mentre le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione , le più remunerate dalla Regione perché effettuate da almeno 2 operatori socio- sanitari, sono erogate per il 53% dalle strutture private. L’attività dei consultori privati accreditati dalla regione lombardia è mediamente più orientata all’organizzazione e gestione di gruppi rivolte a fasce specifiche di popolazione, quale ad esempio le coppie in procinto di matrimonio o all’organizzazione di attività esterne rivolte a giovani e famiglie relative al tema dell’affettività,piuttosto che all’erogazioni di prestazioni più di tipo sanitario o di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili .prevenzione dei tumori tramite Pap test e di informazione relativa ai temi della sessualità e contraccezione di cui si occupano i prevalentemente consultori pubblici Queste diciture sono da riferire ad attività riconosciute dalla regione per la remunerazione delle singole strutture il cui compenso ricevuto è molto superiore rispetto alle prestazioni mediche.
Dal 2008 l’ASL Milano ha persino sospeso gli incontri di educazione sessuale effettuati nelle scuole dal personale dei consultori ritenendo “lesiva” per i ragazzi la presentazione dell’uso degli anticoncezionali da parte di un operatore consultoriale; decisione presa dopo la lamentela di una madre pubblicata su “Famiglia Cristiana”.

Gli operatori che prestano la loro attività nei consultori pubblici sono per il 70% assunti di ruolo, principalmente ginecologi, ostetriche, psicologi, assistenti sociali e infermiere. In quelli privati sono soprattutto volontari, scesi però dal 67% del 2003 al 40% nel 2006; le figure professionali maggiormente rappresentate sono psicologi, personale amministrativo (assente nella maggior parte dei consultori pubblici) e altro personale non meglio identificato. Nei consultori pubblici il rapporto operatore/numero di utenti è 1/304, in quelli privati 1/200.

Le prestazioni più richieste nei consultori pubblici sono la visita ginecologica, il pap test (solo 10% nei privati e 40% nel pubblico), controlli ginecologici e incontri di gruppo, mentre nelle strutture private si offrono maggiormente visite colloquio (prestazione socio-sanitaria molto remunerata), mediazione e consulenza familiare, incontri di gruppo, corsi prematrimoniali dove vengono pubblicizzati i metodi naturali e l’astinenza come metodi anticoncezionali. Avendo personale completamente obbiettore di coscienza la legge 194 ovviamente non viene applicata, se non nella “nuova visione” di Formigoni di aiuto alla donna per poter continuare la gravidanze indesiderata (Progetto Nasko spiegato in seguito)

Per quanto riguarda gli adolescenti tra i 13 e i 17 anni gli accessi nei consultori pubblici sono circa 11.000 l’anno, contro i 2078 nei privati.

Per quanto riguarda l’applicazione della legge 194, in Lombardia le IVG sono eseguite negli ospedali pubblici, non nei privati convenzionati che hanno il 100% dei medici obbiettori, ma non è mai stato organizzato e facilitato il rapporto preferenziale tra consultori e ospedali della zona di riferimento

Negli ospedali lombardi nel 2010 sono state effettuate 18.959 IVG. 10.440 (55%) da donne italiane, 2903 dei paesi dell’est, 2180 sud americane, 649 asiatiche e 1632 africane.

Gli aborti terapeutici vengono effettuati solo in alcuni ospedali, costringendo le donne che hanno bisogno di questo intervento a pellegrinaggi dolorosi e faticosi,

In Lombardia è sempre più gravoso il problema dell’obiezione di coscienza, in costante crescita. Negli ospedali lombardi il 73% dei medici ginecologi è obbiettore, con differenze tra ospedali sia all'interno della stessa città che tra città diverse. Ad esempio, presso la clinica Mangiagalli di Milano il 40% è obbiettore, nell'ospedale di Como la percentuale arriva all'88%.

Altro segno della modifica dell’ottica della 194 è la direttiva del consiglio comunale milanese del 2008 che impone al personale ospedaliero d’informare la donna che interrompe la gravidanza del diritto di richiedere la sepoltura degli embrioni e dei feti .

La novità più recente della Regione Lombardia è il PROGETTO NASKO con la delibera della regolamentazione dei CAV (Centri aiuto alla vita). La delibera, in vigore dal settembre 2010, mette al centro il riconoscimento, la valorizzazione e il sostegno del ruolo della famiglia, “quale nucleo fondamentale per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona”. Gli articoli 4 e 5 si attribuiscono alle unità di offerta (cioè ai consultori pubblici e privati accreditati) la funzione di aiutare e sostenere la famiglia, con particolare riferimento alle problematiche relazionali e genitoriali. Si vuole “prevenire” l’interruzione della gravidanza, anche mediante l’attivazione di legami di solidarietà tra famiglie e gruppi sociali e con azioni di sostegno economico. Per questo si stabilisce che il personale del consultorio debba informare la donna della possibilità di non abortire in cambio di un aiuto economico: la somma di € 4500 è erogata attraverso un sostegno mensile di € 250, per un massimo 18 mesi, e suddivisa tra il periodo precedente il parto ed il periodo successivo alla nascita del bambino. La clausola, per la donna, è di partecipare ad un progetto concordato con il Centro di aiuto alla vita della sua zona.

Infatti, la delibera sancisce e regolamenta la nascita di un nuova struttura psico-sociale, definita appunto CENTRO AIUTO ALLA VITA, che ha come compito la gestione dei fondi del progetto NASKO e ha la finalità di mettere a disposizione delle persone, delle famiglie, degli enti locali e degli enti non profit, nonché delle unità di offerta sociali e sociosanitarie, “informazioni sulle opportunità, presenti nei diversi contesti territoriali”, per “la promozione della vita ed il sostegno della natalità”. Attraverso questa delibera i 34 Centri di aiuto alla vita della Lombardia entrano in piena regola a far parte del sistema sociosanitario regionale (dati Bollettino ufficiale Regione Lombardia, settembre 2010, anno XL, n. 184).Lo stesso Formigoni ha dichiarato che al 5/2011,solo dopo 8 mesi dall’entrata in vigore del progetto,già 1000 donne avevano aderito al programma di cui 256 presso il solo CAV della clinica Mangiagalli di Milano per cui lo stanziamento economico stanziato per il progetto sarebbe stato raddoppiato.

Come si può vedere dagli ultimi eventi in Piemonte e in Lazio, è stata la Regione Lombardia a dare il via alle politiche che snaturano e rovesciano l’ottica della legge 194 e di quella che ha istituito i consultori, volute e imposte dalle donne del secolo scorso per la maternità libera e responsabile, per un largo e informato uso della contraccezione.
ROMA 21/1/2012

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