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2 febbraio 2012

Per Leda Colombini

Con le parole che seguono Vittoria Tola ha voluto ricordare pubblicamente, in apertura dell'incontro nazionale del 21 gennaio, la statura umana e politica di Leda Colombini, donna delle Istituzioni, dei movimenti, della partecipazione, recentemente scomparsa, che resta un esempio alto per tutte noi, soprattutto in tempi bui come quelli che viviamo oggi.


In ricordo di Leda
di Vittoria Tola

Oggi a quest’incontro manca una persona che invece avrebbe dovuto essere con noi: Leda Colombini.

Domenica 3 dicembre, all’Assemblea nazionale dell’UDI, abbiamo parlato a lungo di questa iniziativa e Leda voleva che le donne che la stavano preparando sapessero che non avrebbe mancato questo appuntamento per nessuna ragione, dopo tutte le iniziative a cui aveva partecipato in giro per il Lazio contro la proposta Tarzia. Si è giustificata quel giorno di non poter partecipare alle riunioni del lunedì dell’Assemblea permanente per il suo impegno con le donne e i bambini in carcere, che erano per lei un dovere assoluto. Leda è stata ricordata in tanti modi e soprattutto per il suo impegno politico e sociale, ma Leda era molto più di questo.

Per molte di noi è stata tante cose, ma in questa battaglia sull’autodeterminazione non era solo l’assessora che nel 1976, dopo la approvazione della L.405, era stata la prima ad approvare la legge regionale sui consultori e a fare questa legge del Lazio - la legge 15/76 - che noi oggi stiamo difendendo, e che sicuramente rappresenta uno dei migliori esempi, forse il migliore, delle leggi regionali sui consultori.

Questo risultato era dovuto alla sua passione per la salute delle donne, per una maternità e paternità responsabile e per la battaglia sulla autodeterminazione delle donne che lei aveva seguito non solo come donna delle istituzioni ma come donna dell’Udi e donna del movimento delle donne.

Della salute riproduttiva - come si dice oggi - della prevenzione, della maternità come valore sociale e della nascita di servizi nuovi basati sulle donne e sulla loro libertà aveva fatto un cardine della sua militanza e della sua vita.

Il giorno dopo l’approvazione della L. 405 invitò tutte noi, donne dell’Udi e donne del movimento romano, in regione Lazio. Per molte si trattava della prima volta in cui entravamo in un luogo istituzionale come protagoniste. Ci propose infatti di scrivere insieme la legge regionale e di farlo provando ad allargare i limiti che la mediazione parlamentare e i rapporti di forza ci avevano consegnato. Sapeva quanto quella legge era costata perché era stata con noi nella calura di quelle estati e nel freddo di quegli inverni romani ai sit- in davanti al Senato e alla Camera.

Uno dei punti di innovazione del Lazio fu la proposta codificata nella legge del ruolo dell’assemblea delle donne, del rafforzamento della prevenzione e del lavoro di équipe, sempre con l’occhio rivolto alle donne più forti ma anche alle donne più fragili o deboli socialmente.

Un impegno poi reiterato quando si trattò di cominciare ad applicare la legge 194 nel Lazio e la cogenza che pretese anche per le convenzioni con le cliniche private, perché sapeva che quella legge aveva un male oscuro che si chiamava obiezione di coscienza.

Una stagione irripetibile quegli anni settanta, ma che la vide sempre attenta alle donne anche quando passò ad altri ruoli e ad altri fronti come l’impegno con le donne carcerate e i loro figli - che lei riteneva fondamentale - considerando insopportabile non solo che dei bambini venissero puniti per reati mai commessi, ma che alcune donne fossero costrette a vivere in quel contesto la loro maternità, qualunque fosse la loro colpa.

Che sia mancata proprio a Rebibbia non è un caso, come non è un caso che la sua mente fosse occupata proprio in quei giorni da questa battaglia per i consultori e dalla ricorrenza dei 40 anni della legge sugli asili nido che lei riteneva, parole sue quel giorno, una legge “rivoluzionaria” con una visione corretta della maternità e del servizio educativo, servizio sociale, come lei lo definiva, e non servizio a domanda individuale. Anche questa, e non a caso, una legge continuamente disattesa e boicottata.

Quel giorno Leda era profondamente preoccupata e profondamente rammaricata per altri tagli annunciati sul fronte dei servizi, in particolare per i servizi ai disabili, e cercava di capire il baratro che si stava creando tra le battaglie fatte e le conquiste ottenute dalle donne e dal movimento democratico negli anni ’60,‘70 e ‘80 e la devastazione di quelle conquiste, in atto ai nostri giorni.

Leda è stata ricordata in tanti modi anche se in molti hanno sottovalutato il suo essere donna e la sua coscienza politica di donna, di donna che si era riconosciuta fortemente nel suo sesso e per questo aveva lottato.

Noi lo sappiamo, le donne giovani e meno giovani che l’hanno conosciuta e seguita nelle sue battaglie lo sanno, così come lo sanno quelle che l’hanno conosciuta appena, ma hanno avvertito la sua continua attenzione e curiosità verso di loro, e molte di quelle che di lei hanno solo sentito parlare, come nel caso della legge regionale sui consultori che Tarzia e seguaci vogliono cancellare.

Un grande riconoscimento che dice bene cosa è stata Leda per me e per noi, l’ha sintetizzato un uomo, un suo amico e dirigente politico, che ha detto che Leda è stata la persona che gli ha fatto capire che una democrazia e una politica che non parte dal cuore, dalle donne e dalle loro richieste non ha il diritto di definirsi tale. E non solo la politica ma la vita, perché Leda per questo è vissuta e si è impegnata, e non a caso non ha mai voluto essere conosciuta altro che con il nome che sua madre le aveva dato.

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